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Accademia di Belle Arti di Firenze
Triennio Scultura da 2019
Maestro Stefano Patti

La Speranza, bronzo 2024

Speranza 2024 fusione in bronzo patinato, base marmo Carrara

La Speranza. Il ritratto, fatto a Simona Scarcelli nel 2022 all’Accademia di Belle Arti di Firenze, è stato tradotto in gesso in formatura all’Accademia di Belle Arti di Carrara, dallo stesso calco si è fatto un positivo in cera di fonderia. Si può dire que questa opera in particolare rifletta la speranza anche nel percorso scolastico tra le due Accademie. Il bronzo è stato fuso in aula di fonderia con Andrea Barsi, ho fatto le rifiniture scegliendo di dare via libera al risultato dovuto all’incidente di cottura del loto in forno: l’aspetto spugnoso sulla fonte e nei capelli. Mi ricorda le conchiglie rovinate dal tempo e dagli organismi naturali, siccome fosse rivenuto da qualche abissò. L’assenza di elemento ornamentale che la potrebbe legare al nostro contemporaneo le conferisce una dimensione fuori tempo, sembra recuperata al fondo del mediterraneo in qualche barca romana. La casualità del suo aspetto plastico non guasta, e ci gioco, mi piace fare una patina verde che ricorda l’antico. Ringrazio il professore Andrea Barsi per la fusione e la patina di quest’opera che per me è eccezionale, unica, testimonia dell’esperienza accademica.
La base è un marmo statuario della cava Michelangelo a Carrara, le cui venature sono in armonia con il bronzo. L’ho fatto a occhio quindi è un quadrato che non ha due misure uguali, l’imperfezione sembra essere una particolarità intrinseca a quest’opera che la rende cosi eccezionale.
Nelle atre pagine sul sito potete vedere le tappe precedenti in cera con la realizzazione della gabbia per fonderia anziché la fusione.
Fusione Fusione del bronzo in Accademia
Cera Ritratto in cera per la fusione
Formatura Formatura, ritratto « la speranza »
Ritratto in creta con Simona Ritratto di Simona Scarcelli

A19 scuola di scultura abafi

Mentre mi dedico alla tesi di Magistrale a Carrara mi ricordo l’esperienza della tesi precedente. L’aula 19 è stata durante il triennio di scultura a Firenze un grembo silenzioso, una cula, un forno, una trincea in guerra, un tempio, una caverna. Il pensiero attivo cui dentro era tangibile ad averne vertigini. La mia tesi di laurea tratta in parte di questo, il luogo dove nasce il concetto e dove riceve struttura, ordine, plastica, il luogo in cui si nasce il pensiero. Si intende come concetto di partenza e come spazio favorevole al suo nutrimento, che segue un percorso lento e laborioso attraverso i diversi laboratori verso lo stato di opera d’arte. A19 è il nome dell’aula scritto sulla porta dell’aula di scultura.
Leggere Rodin mi ha suggerito l’idea di dedicare la tesi di laurea alla trasmissione dei saperi, allo stretto rapporto quanto spirituale e umano tra maestri e allievi, ed è seguendo argomenti specifici alla lezione di scultura che ho strutturato i capitoli. Ho cercato nella stesura a collegare nel contemporaneo l’insegnamento ricevuto nei libri e quello concreto in classe. Nell’argomento faccio riferimento all’astrofisico Reeves che ci parla della materia e dell’intelligenza che la anima, in rapporto all’arte della scultura che a anche fare con la materia, la vita e lo spazio. Era importante riferire anche alla lezione del mio professore Very i cui insegnamenti mi accompagnano da decenni, e al mio percorso di studio a Firenze con Patti e gli altri professori. La lezione di scultura di Patti durante il triennio è un dono, ed ho provato la necessità di storicizzarla nella mia tesi. La nostra ”conversazione” nella biblioteca storica dell’Accademia mirava a nutrire un testo di base per la didattica. Il mio professore ha dedicato del suo tempo per rispondere alle mie domande, con sincerità e fede. Ne sono molto felice, spero sarà utile nel tempo. Quando noi non ci saremo più, il testo ricorderà che alcuni persone hanno considerato importante di parlare e definire allo scritto questi concetti per trasmetterli. Ho condiviso con Very questa gioia di avere unito in uno solo argomento i diversi “maestri” che mi sono cari, il professore del liceo Very e quello dell’accademia Patti, con una dedica speciale alla memoria di mio padre che mi insegnò la fotografia il cui nome è scritto su ogni opera mia. Very mi ha confidato che a considerare la nostra amicizia e relazione epistolare attraverso il tempo e lo spazio, lui in Normandia io in Toscana, trent’anni dopo il liceo, realizza quanto è importante la responsabilità di un docente preso gli allievi che gli sono affidati, e mi ringrazia. Ma quanto sono io che devo ringraziare questo grande signore che risponde ancora alle mie lettere, la cui lezione negli anni 86-90 mi aveva cambiato per sempre. A Firenze ho continuato a crescere e a nutrire la mia identità artistica fino a sentire l’assoluta necessità di rispondere all’appello del marmo e di andare a Carrara. Ora torno alla rilettura della prossima tesi …

Firenze A19 Ultimo giorno di scuola, trespolo vuoto e sculture portate via, il mio posto di lavoro l’ultimo anno 2021-2022 sotto le ali della vittoria
A19 Prova d’esame per il terzo anno, sessione estiva 2022, ritrattistica al vero in sei ore.
A19 lezione con il maestro Patti, il bozzetto al vero con modello vivente, foto illustrativa della tesi
A19 occupata come deposito di materiali durante i lavori di ristrutturazione della scuola settembre 2022
Cover della Tesi : dallo studio al vero fino all’opera in bronzo

Fotografie del giorno della tesi a Firenze sull’articolo di Blog Tesi di laurea a Firenze

ex voto

L’opera originale è il marmo dedicato a Camille Claudel con il titolo di « preghiera », un ExVoto di ringraziamento.
Marmo di Carrara. Piede scolpito nel bianco Carrara. Preghiera di ringraziamento a Camille Claudel.
Gesso a foglio d’oro. Formatura su marmo per traduzione in gesso patinato con foglio di metallo finto oro e ossidante per metallo.
Bronzo. Traduzione in bronzo preso la fonderia Bronzarte a Pietrasanta (Toscana). Cera fatta all’Accademia di Belle Arti di Carrara a lezione di fonderia con il Professore Barsi.
Marmo di Carrara fotografia nell’ingresso del cenacolo dell’Accademia di belle Arti di Firenze.
ExVoto etrusco: Scenografia della versione in cotto, modellato al vero, nella terra di Corsica in territorio etrusco.

Gesso patinato, Saint Antoine Corsica

Ritratto di Laura, prova d’esame

La prova d’esame per iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Firenze nel settembre 2019 era di sei ore di disegno al vero e il giorno dopo di altre sei ore di bassorilievo dello stesso modello. Dopo i tre anni di studio era normale di avere una prova finale più mirata sulle competenze acquisite in scultura con Stefano Patti durante il percorso di studio, questa prova del terzo anno prevedeva di realizzare un ritratto in sei ore, con un modello a scelta. Ho chiesto a Laura Nardi, collega studentessa e e gentilissima amica, se potevo ritrarla. Il materiale era molto fresco e all’inizio troppo bagnato, però durante la giornata calda di luglio è andato tutto bene, Laura aveva portato un libro sull’arte contemporanea ed ha letto tutta la giornata. La cottura è stata fatta a Carrara, dove sono andata a proseguire lo studio in magistrale. Le fotografie in aula di Monterosso di Carrara la mostrano fianco al grande Michelangelo ciò che mi rende molto umile. Ho scherzato sul fatto di essere accademico fianco al grande maestro però ci ricorda nel confronto quanto dobbiamo essere umili davanti all’arte che speriamo. Mi rimane ora una scultura in galestro cotto, affascinante e minuta, che occupa il suo spazio con la serenità che caratterizza la studentessa Laura.

Laura Nardi fianco al suo ritratto in aula il giorno dell’esame
mostra temporanea di cinque minuti fianco al grande Michelangelo, Mosè in gesso aula di Monterosso a Carrara.
ritratto firma speciale per ricordare l’esame
Ritratto di Laura Nardi, galestro fresco in aula alla fine dell’esame
ritratto di Laura Nardi
ritratto di Laura Nardi
prova d’esame della classe di Stefano Patti in aula 19 a Firenze a luglio 2022
essiccazione a casa

Prometeo

In una società materialista abbiamo dimenticato la nostra materia, sempre di corsa la testa piena di tante cose superficiali abbiamo dimenticato che la nostra essenza è portata da una materia ecologica riciclabile e sopratutto ogni giorno va verso la sua fine. Non è l’oggetto che deve essere usa e getta, ma siamo noi la materia usa e getta naturale. Nonostante l’importanza di ogni essere, nessuno non dovrebbe essere una fine in sé, ognuno è un veicolo per l’umanità. Siamo una materia fragile e temporanea la cui essenza d’Uomo è perenna.
Siamo in itinere, opere di noi stessi. Lungo la nostra vita ci costruiamo, nutriamo un essere che fa parte di un insieme culturale il tutto in un insieme più grande. Siamo un micro elemento del tutto, chi crede essere una fine in sé sbaglia, siamo solo un supporto della vita. Questa fragilità da un valore che va sprecato se non viviamo pienamente questo frammento di tempo a noi concesso.
Per Hubert Reeves esiste una forma di intelligenza che possiamo identificare nel concetto che chiamiamo la Natura. Mi ritrovo molto nel suo discorso che segue da poco quello di Rodin che ci invita ad averla come unica « Dea ». Facciamo parte di un macrocosmo, qualche volta ne abbiamo coscienza e abbiamo paura, vedere è vertiginoso.
Quando lavoro con la creta, mi capita di perdere il mio pensiero nella terra fino a vederlo guardarmi in faccia. Mi rinfaccia il mio proprio pensiero con il volto di qualcun’altro nella terra. Vertiginoso e strano.
Questo lavoro sul tema di Prometeo, per il quale siamo tutti bozzettoni, ci raconta che siamo parte temporanea di un grande tutto. È un’opera che ci parla di ecologia, di cultura, e di consapevolezza.
Se l’Arte deve essere utile, potrebbe consistere a svegliare il ribello in ogni tempo, dobbiamo ribellarci contro l’inquinamento e proporre una arte che ci fa tornare alla Natura. Il materiale scelto per un opera, oltre a contenere il concetto da esprimere, oltre a rendere visibile la plastica della forma, deve dialogare tanto con il concetto stesso quanto con il fruitore.
Tecnicamente, ciò che vedete nelle foto per una parte non esiste più, non ha superato la cottura ed imparo dalla sconfitta una forma di perseveranza. Il lavoro frammentato continua a comunicare. Il suo discorso però è diverso e racconta come e quanto ho amato lavorare, quanto l’amicizia può essere immortalata, quanto il luogo di concezione l’Aula19 è stato per il tempo corto di vita dell’opera il suo tempio provvisorio. Per me l’A19 è stata durante il triennio il grembo di un pensiero attivo e prolifico che oggi è nato per seguire altre vie. Il pensiero contenuto in quel frammento di Prometeo sta ancora vivo, in parte nei pezzi rotti, in parte nella mia mente per un progetto nuovo…
Modello Pietro Giannetti.
Creta Maggio 2022
Cotto Luglio 2022

la bellezza del diavolo, istante di grazia del lavoro in itinere
il fascino della sconfitta: quando l’opera sopravvive nonostante fosse distrutta

Sacrificio

“Senza titolo 12/10/22” 

Senza titolo non significa niente. Ovviamente questa istallazione ha un titolo, almeno ha una descrizione. Già è la fotografia di una istallazione. Si vede una treccia, la mia, ed è stata tagliata da Sabrina la parrucchiera ma non è questa la performanza. La piantana è un lavoro artigianale fatto da un fabbro di Corsica, Patrice, ma non c’entra. Oppure ricollega tra i due paesi in cui vivo l’oggetto “sacrificato”. Il fondo è una lenzuola che uso per fotografare i lavori di scultura, però non è ne scolpito ne modellato. Cosa ho “fatto” io? Del verbo FARE che lega l’artista o l’artigiano al suo lavoro? Ho solo chiesto alla parrucchiera di non buttare la treccia, perché sapevo questo taglio motivato da qualcosa. Poi l’ho fissata ad un filo di ferro nel gambo della piantana e fatto la fotografia. Quindi quale è la domanda esattamente: Questo è una fotografia? Questo è una  istallazione? È una scultura? Questo è un concetto? Il quale? Alla fine solo il “perché” può spiegare se è arte o no, e che tipo di arte. Perché. 
Proviamo liberarne un eventuale titolo : Autoritratto?
A partire del titolo si può capire qualcosa perché sappiamo che un autoritratto deve rappresentare una persona in un modo o un altro. In quel caso l’autoritratto sembra assente, oppure impertinente e carico di insolenza. La mia faccia non c’è. Spesso vediamo selfies circolare sui social quando qualcuno esce dalla bottega della parrucchiera per fare vedere di quanta bellezza dispone, e ciò che non si vede corrisponde alla quantità di capelli tagliati rimasti a terra nella bottega. Io faccio il contrario, faccio vedere ciò che normalmente dovrebbe essere rimasto a terra, faccio vedere il ‘tagliato”, il tolto, il sacrificato, l’assente, ciò che sul ritratto vero risalta vuoto o invisibile, ciò che non c’è più, la treccia. In quel periodo le donne del mondo in sostegno al quelle di Iran si tagliano i capelli ma io non lo faccio per quel motivo. Rimane in comune il concetto di sacrificio, ma non è legato alla libertà delle donne. È legato al concetto di percorso, del caminare, del nomadismo degli uomini che si spostano per motivi vari. Per anni ho portato la treccia per andare a Firenze. A Carrara non c’è ne Firenze ne la mia treccia, e questo è l’unica realtà. L’assenza, la mancanza, il cambio che necessita un sacrificio, ed è quel sacrificato messo su piedistallo. Se ho messo il sacrificio su un piedistallo significa che nonostante si tratti “apparentemente” di solo un mazzo di capelli, il sacrificio è importante. I capelli sono una parte superficiale di noi stessi, lega la donna alla storia della bellezza dell’erotismo del fascino, i cappelli sciolti nel vento della Venere, un quasi niente che nell’arte porta forti significati. Si potrebbe interpretare che io, tagliando i miei cappelli, avrei sacrificato la mia bellezza? Però non sono ne più ne meno bella!
La bellezza sta nel valore del sacrificio. Sapendo che non scrivo tutto, il sacrificio contenuto ha anche una dimensione altrove, nascosta, privata, che appartiene all’intimo di me e di esseri strettamente collegati a me. I legami. I capelli. Fili fragili sottili e cosi importanti. Ciò che non si vede in quel autoritratto sono io, e tutto ciò che non ho rivelato. Questo atto artistico rappresenta il concetto di sacrificio attraverso un istallazione di cui rimane una fotografia, che, privo della conoscenza di chi sono, nessuno capisce. 

Tesi di laurea a Firenze

Commissione d’esame di laurea triennale di scultura attorno a me, Bianchini Ferrarini Fusi e Roviello, i miei professori dell’Accademia di Belle Arti di Firenze

Laurea di scultura 🥳 110 con lode
Licence de sculpture 🇮🇹⚜️🥰
Luca BIanchini, Enrico Ferrarini, Federico Fusi il mio relatore di tesi, Francesco Roviello, e in cotto il maestro Stefano Patti. Vi ringrazio di cuore ❤️
Accademia di Belle Arti di Firenze 28 settembre 2022

Con il relatore di tesi il professore Federico Fusi.
Il professore du tecnica di fonderia Luca Bianchini, fianco al mio bronzo « il pensiero »
Allestimento il giorno prima…
La luce del Cenacolo, il pensiero e la speranza

Les photographies publiées sur ce site internet sont soumises aux droits d’auteur
Le fotografie pubblicate su questo sito internet sono sottomesse a diritto di autore
Condivisone gradita, non scaricare per publicare altrove. Grazie

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Laurea di scultura 🥳 110 con lode Licence de sculpture 🇮🇹⚜️🥰 Luca BIanchini, Enrico Ferrarini, il mio relatore di tesi…

Publiée par Catherine Mienville Lanfranchi sur Mercredi 28 septembre 2022

Ritratto in bronzo “il pensiero”

L’itinere di questo ritratto inizia a novembre 2021 con uno studio al vero di Filippo, collega scultore, a lezione di scultura di Stefano Patti. In riassunto si tratta di un cotto a partire del quale si è fatto uno stampo nello scopo di trarne un positivo in cera con Luca Bianchini al corso di tecniche di fonderia. l’opera che faccio vedere oggi è la “prova d’autore 1” in bronzo patinato, ottenuto con fusione a cera persa. Ogni positivo è un opera in sé perché ci devo fare ritocchi e firmarlo, che sia in gesso in cera in bronzo. Questo processo consente di accettare commissioni a numero limitato di opere in bronzo o altro materiale, ogni opera è datata numerata e firmata. Il bronzo è una materia d’eccellenza che si ottiene secondo un processo bene definito, non è una cosa fai da te ne una resina metallizzata, è pure un mestiere molto duro con delle spese elevate di materia prima e laboratoriale quindi io non affiderei il mio lavoro a qualsiasi ma a uno specialista dell’arte. Lo specifico perché capita di trovare scritto “bronzo” su un manufatto di resina patinato come un bronzo ma non è assolutamente la stessa cosa. Il bronzo è una tecnica che riceviamo dall’antichità, Firenze ha contribuito alla sua espansione nell’era moderna grazie a Donatello Giambologna tra l’altro e si è sempre utilizzato in arte e artigianato.
Per tornare al mio “pensiero” in bronzo, vorrei condividere quell’emozione grande e bella di vederlo in bronzo. Tradurre un “pensiero” si fa con le lettere cosi come con la materia, in quel caso non è più letteratura ma scultura.

L’opera “il pensiero” 2022 Bronzo patinato
Giovedì 30 giugno 2022. Ultima lezione dell’ultimo giorno di triennio di scultura, patinatura del bronzo con Luca Bianchini professore di tecniche di fonderia all’Accademia di Belle Arti di Firenze.

⚜️🥰 Materia del fuoco materia eterna materia innocuo per l’ambiante materia di Donatello materia della passione … noi siamo temporanei il bronzo no 🖤
L’opera “il pensiero” rappresenta un giovane scultore che si interroga sul suo futuro, ho ideato l’opera nella biblioteca Laurenziana disegnata da Michelangelo. Il tormento …
Ogni volta che firmo un opera d’arte ci lego il nome di mio padre.